Nel giro di un anno, BYD ha modificato in modo sostanziale il suo piano industriale per l’Europa. A inizio 2024, il costruttore cinese aveva comunicato che nei due nuovi stabilimenti europei – uno a Szeged, in Ungheria, l’altro vicino a Smirne, in Turchia – si sarebbero prodotti esclusivamente veicoli elettrici. All’epoca la domanda di BEV (scopri la differenza con le NEV) nel continente sembrava in crescita solida e continua, con il 2023 chiuso a +28% e un primo trimestre 2024 in ulteriore progresso. Ma nei mesi successivi, il trend si è fatto meno netto: nei primi nove mesi dello scorso anno, le vendite di auto elettriche in Europa erano scese del 2,5%.
Sommario
Dai piani 100% elettrici alle ibride
Non è un caso, quindi, che già da ottobre 2024 la vicepresidente esecutiva Stella Li abbia ipotizzato la produzione europea di ibride plug-in, citando come esempio il successo della Seal U PHEV, arrivata al quarto posto tra le PHEV più vendute in Europa e prima in assoluto nel mese di marzo.
BYD aveva capito che per aumentare la propria penetrazione nel mercato europeo non bastava puntare solo sull’elettrico, ma serviva una gamma più flessibile, in grado di adattarsi a una domanda che si stava polarizzando tra chi vuole solo elettrico e chi cerca soluzioni più pragmatiche (ma non sempre più economiche).
BEV e PHEV costruite in Europa: scelta confermata
Oggi la linea ufficiale di BYD è chiara: sia lo stabilimento ungherese che quello turco assembleranno modelli elettrici e ibridi plug-in. A febbraio, nel corso di un incontro a Torino con circa 400 fornitori, la casa cinese ha valutato un’ipotesi diversa – BEV in Ungheria, PHEV in Turchia – ma poi si è tornati su una strategia più semplice e flessibile: produrre entrambe le tecnologie in entrambi i siti.
Il piano è ambizioso. L’impianto di Szeged (Ungheria) partirà nell’ottobre 2025 con una capacità iniziale di 150.000 veicoli l’anno, espandibile fino a 300.000. Quello turco, che dovrebbe partire a marzo 2026, avrà la stessa capacità base e un investimento stimato in 1 miliardo di euro, contro i 4 miliardi dell’Ungheria. A entrambi si affiancherà anche un centro di ricerca e sviluppo per il mercato europeo.
La produzione dovrebbe iniziare con la Dolphin e l’Atto 3, ma non ci sono conferme ufficiali sui modelli previsti né sul calendario industriale.

Crescono le PHEV in Europa, e BYD accelera
Il cambiamento non è casuale. I dati del primo trimestre 2025 mostrano una crescita del 5,3% per le PHEV in Europa, mentre le BEV sono salite del 28%. Ma il dato davvero significativo riguarda la crescita delle plug-in tra i marchi generalisti: +46% nei primi tre mesi dell’anno. E BYD, in particolare, ha quadruplicato le sue vendite europee passando da 7.701 a 28.842 unità nel primo trimestre. Di queste, ben 10.962 sono Seal U PHEV: oltre un terzo del totale, in un segmento dove la casa cinese era assente solo un anno fa.
La strategia ora è chiara: ogni nuovo modello BEV lanciato in Europa avrà la sua versione PHEV entro sei mesi. Ma i tempi si stanno accorciando. Dopo la presentazione dell’Atto 2 a febbraio, BYD ha dichiarato che il ritardo tra BEV e PHEV potrebbe scendere a tre o quattro mesi. Alcune fonti interne parlano già di un obiettivo di due mesi. L’idea è quella di offrire lo stesso modello in doppia motorizzazione per coprire una fascia di mercato più ampia, lasciando che sia il cliente a scegliere.

Obiettivi ambiziosi, ma dipendenza dalla Cina resta
A livello globale BYD resta un gigante: 4,27 milioni di veicoli venduti nel 2024, con una crescita del 41% che l’ha portata al terzo posto mondiale dopo Toyota e Volkswagen. Ma la stragrande maggioranza di queste auto – circa 3,85 milioni – è stata venduta in Cina. Per il 2025, il piano è arrivare a 5,5 milioni di veicoli totali, con l’obiettivo di raddoppiare le vendite fuori dalla Cina, da 417.000 a 800.000 unità. Nel 2026, il target è 6,5 milioni di auto globali.
Per farcela, l’Europa è centrale. Ma non può esserlo con il solo elettrico. BYD ha capito che, almeno per il momento, puntare su una doppia offerta BEV + PHEV è l’unico modo per competere davvero con Volkswagen, Toyota e gli altri costruttori generalisti che stanno seguendo lo stesso schema.
In breve
Nel giro di pochi mesi BYD è passata da un approccio “solo elettrico” a una strategia duale che rispecchia meglio la realtà di un mercato europeo in transizione.
Con fabbriche pronte a produrre entrambe le tecnologie, una rete di fornitori già coinvolta e modelli come Seal U PHEV che si stanno ritagliando una fetta importante del mercato, il marchio cinese non è più una promessa, ma una realtà da tenere d’occhio. E con 5 miliardi di euro di investimenti in Europa, non sarà un passaggio fugace. Vuole restare. E vuole crescere in fretta.